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A Barcellona quando la luce del semaforo è arancione lampeggiante le bici possono passare, nel mentre le auto non necessariamente si fermano, ma il fatto che la luce sia arancione e non verde è proprio indice di una situazione di potenziale pericolo.
Non saprei come definirlo, ma forse è proprio quel brivido che ciascuno di noi, non pago della propria routine quotidiana, va cercando in quelle poche ore di sport settimanali.
Qualcuno sostiene che sia un modo per evadere, qualcun altro di arrivare a casa stanco morto e felice.
Talvolta in certi sport il confine fra il divertimento e i guai è labile e bisogna saper rimanere, come dire, in equilibrio.

Penso che una gara come questa sia 30% preparazione fisica, 40% testa e 30% preparazione del mezzo e strategia. 
Sulla preparazione fisica questa volta  posso contare davvero poco, i vari tool di Garmin e di Strava oscillano da un “sonno” di training status (Connect) ad un bel -48% nell’ultimo anno (Strava).
Per il setting mentale faccio del mio meglio per essere al top, cercando di costruire quella routine pre-gara che mi fa sentire più sereno ma questa volta c’è un plus quasi mai provato prima.
La pressione del mio Team che mi annovera prima fra i favoriti e poi chiede di indossare un preciso body per l’occasione, proprio a me che come stile di vita cerco di pormi sempre con bassa aspettativa e adoro arrivare in sordina, senza pretese, sorprendendo gli altri ma in primis me stesso.
Sul mezzo e la strategia di gara invece ho imparato ad essere maniaco, non sono un messanger che studia il percorso per tagliare e risparmiare anche poche centinaia di metri, ma la mia bici è preparata nel dettaglio, dalla tipologia delle ruote, alla rapportatura, persino la tipologia di olio per la catena non è casuale.
Per la strategia invece, un po’ come quando regatavo in barca a vela, conto in primis sulla “copertura” dei local e sugli avversari e dopo averli osservati nelle prime battute di gara, imparo ad apprezzarne doti di guida, performance pura ma soprattutto i segnali del corpo, un po’ come quando Magrini già dopo pochi km di gara sentenzia chi vincerà.

In cima alla prima salita il gruppo si è ridotto a 3-4 unità, sulla rampa più pendente ho pagato una decina di metri, ma ho cercato di evitare un fuorigiri conscio che sarei potuto rientrare in pianura, dopo la scollino.
Riesco a rimanere in una condizione di controllo, non sono proprio a tutto gas e mantengo un po’ di lucidità per guardare come stanno i miei avversari.
Nella discesa iniziano le prime vere difficoltà, i Favelaframa attaccano in rettilineo, non so se preoccuparmi più per come stanno frullando le mie gambe [toccate le 167 rpm , ndr] o per la colonna di auto che si sta per materializzare all’ingresso di uno dei primi centri abitati che attraverseremo.
Vilanova e Can Pei sono un caos totale, tutti balzano da un lato all’altro della strada come palline di un Flipper schivando auto e pedoni, io li seguo, ad occhi chiusi.
Sulla costa da Sitges va un po’ meglio, ma in un tratto di discesa sento il polpaccio destro pungere e per un istante penso che la mia gara sia finita, cerco di centellinare le forze, di non alzarmi in piedi e soprattutto di non pensarci anche perché mancano ancora oltre 30 km e non posso esitare.
In questa fase più che mai conta la condizione degli avversari
_David è la nostra bussola, statuario sul suo Nr.22, regolarista, mai pericoloso nelle svolte, generoso nello stare al vento 
_Marco, forte di una condizione esagerata, paga l’esuberanza e, non avendo la traccia, buca una svolta in un momento in cui era davanti
_Javier mi fa paura, sembra una molla pronta a schizzare, quando apre il gas sgretola il gruppo, ma le sue azioni sono tanto violente quanto brevi 
_Gerard assomiglia a Remco, spesso in posizione defilata, quando sta davanti fa male, gioca sulla difensiva immagino preparando un’azione da finisseur, tant’è che cerco di stuzzicarlo perché stia davanti, al vento, per fargli spendere un po’ di energie ma la cosa non lo innervosisce affatto
_Mr Ohm guadagna 50 metri ad ogni svolta / rotonda, guida la bici come ho visto fare a pochi, tra l’altro per l’occasione non ha neanche la sua bici ma una bellissima Basso a cui ha regolato la sella la sera prima, non ricordando se la quota dal mc fosse 675 o 775, a sensazione.

Tutto secondo i piani; nella salita finale Gerard scatta, si alza in piedi e se ne va con una progressione degna di un Boeing in fase di decollo; David all’inizio della salita saluta cordialmente gli scalatori ed io cerco di sopravvivere.
Il crampo dal polpaccio si estende silente all’adduttore e questa salita diventa una bella bolina con tanti bordi trasversali per non rimanere con la gamba inchiodata.
Nonostante abbia il terrore di essere raggiunto riesco a mantenere la seconda posizione e dall’arrivo in avanti inizia quella che sarà una grande festa.

Apprendo subito dopo che quello che per me è stato un gioco pericoloso ma “goduto”, per qualcun altro si è trasformato in una disavventura, il nostro passaggio è stato notato dalla Policia, ad un ragazzo è stata sequestrata la bici ed un altro è stato fermato e multato, questo è il brivido di correre una alleycat.
Sull’illegalità di quello che abbiamo fatto ci sarebbe da discutere a lungo, credo che il passaggio di una alleycat sia un po’ come l’attraversamento con la luce arancione, ecco, pericoloso ma possibile.

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