Grandi cani, bianchi come pecore.

Ri…patentato.

The cat purrs on the saddle

5 ponti, un saltafòsso e il gatto

29 Novembre, la prima volta

“….che prima o poi finisca.”

E si, oggi avevo voglia di un po’ di salita, senza andarla a cercare troppo lontano, che non sia troppo lunga ma che abbia pendenze che si facciano rispettare. Ed il posto più vicino dove si possano trovare salite di questo genere è la ex SS456 del Turchino. Io oggi ne ho fatte quattro tra le più dure che si possano trovare in questa zona:
La Cappelletta da Masone, il brevetto del ciclista, soli 1400 metri ma di assoluta qualità, con una pendenza media del 13%, così declama Strava. La strada è bella, asciutta e non presenta problemi se non quello delle pendenze a due cifre, fatta in autunno con le foglie, la strada umida e viscida i problemi ci sono eccome. 
Dopo la sosta al culmine della salita (dove raccatto l’involucro vuoto di un carbogel che qualche ciclista stordito dalla salita ha abbandonato a terra, senza sapere che per non avere problemi, andava assunto all’inizio della salita e non alla fine), discendo verso la galleria del Turchino e poi torno a Masone per affrontare la seconda salita.
Prato Rondanino, quasi sette chilometri al 6% medio ma al quarto chilometro la strada scende al guado del torrente Vezzula per poi risalire verso Prato Rondanino dove la strada asfaltata termina lasciando il posto ad una strada di sassi che raggiunge i piani di Praglia. A dire la verità anche diversi tratti di strada dopo il guado, sono sterrati e guarda caso proprio nei punti dove la pendenza è più acerba, comunque in salita non sono difficili da superare ma tornando a valle ci vogliono quattro occhi, buona memoria e freni tirati per non fare dei guai. 
I guai me li cerco quando tornando a valle, in prossimità del guado, sento un fruscio alla mia sinistra e un biker a cavallo di una bi ammortizzata, con ruote da 29”, freni a disco, e casco integrale svernicia letteralmente la mia HBM da strada. Non un cenno, un saluto, un ciao come va. Guadagna subito 200 metri, lascio i freni nel rettilineo prima del guado, lui non lo vedo già più ma schiaccio sui pedali, mi da fastidio che non mi si rivolga il saluto. Sono sul ponte, nuovo di zecca, asfalto perfetto e rilancio, salgo in curva, piegato e lui è ancora li, col rapportino da 2 metri al minuto. Ora sono io che svernicio lui, senza un saluto o un cenno e schiaccio e spingo sui pedali, 320 metri al 14% con punta del 22%, quasi 700 watt di potenza, è finito lo strappo ma non la salita mi volto, lui non c’è più, sta ancora macinando caffè col frullino. Mollo un poco, col cuore a 160 battiti, sono un filo fuori soglia, cerco di rientrare nella normalità e pian piano ci riesco, per fortuna la salita termina e posso recuperare un battito normale.
Giù, verso Masone e poi Campo Ligure e la terza salita.
Monte Pavaglione, circa cinque chilometri al 10% medio, altra salita semisconosciuta o evitata da molti come quella appena fatta. Salita difficile per le pendenze bastarde e soprattutto per quella maledetta catena a mezza strada, che come la sbarra del Lesima, è sempre chiusa e quando la salti ha davanti una rampa al 14% e ci vuole fortuna ad innestare subito la scarpa sul pedale. Poi viene il peggio, le pendenze si inerpicano, strappi su strappi, fino al piatto finale e la veduta stupenda sulla valle e sulle antenne del Beigua. Giù alla fattoria centinaia di vacche al pascolo, piccole come formiche.
Ho fatto la salita al risparmio e scendo con garbo evitando i tratti sporchi ed i numerosi buchi, facendo attenzione a non piantarmi nella catena e sono nuovamente a Campo Ligure. 
Ne manca solo una di salita, la quarta e poi vado a casa. Nonostante l’abbia fatta già diverse volte, fatico a trovarla questa via Vecchia per Capanne di Marcarolo che a malapena è segnata sulle carte. Chiedo e richiedo informazioni e mi faccio un bel giro in questo paese stupendo. Raggiungo un sito dove sono raccolte moltissime sculture, ricavate da alberi interi e che rappresentano moltissimi personaggi della mitologia Greca ed altri ancora. Ne approfitto per una rapida visita e poi guadagno la rampa iniziale della salita. 
Che fosse dura, me lo ricordavo. Che fosse un disastro di strada pure ma dall’ultima volta che vi ero salito sia le mie gambe che il fondo stradale hanno avuto un crollo totale. Rampe dure e come sempre capita in questi casi, più dura è la salita e meno asfalto c’è. Mentre salgo, non so rendermi conto di come potessi anni fa, salire con il 39x23 ed ora con un 36x30 fare tutta questa fatica. 
Altra rampa dura, 20% e strada praticamente sterrata e la ruota posteriore slitta e sgancio il piede e lo appoggio a terra. Qualche passo a piedi, 19%, scivolo appoggiandomi alla bici e poi in un tratto con parvenza di asfalto, risalgo e tengo duro fino al Prà della Colla.
Discesa, ancora verso Campo Ligure e poi giù verso Ovada, vento a favore, qualche goccia d’acqua, metto al riparo il Garmin che con la sua ferita nella scocca, se prende acqua lo devo buttare. A Capriata, devio verso la strada Gorra, cerco di sfuggire dalla nuvola scura che mi sovrasta. Ci riesco, ancora qualche goccia di pioggia e poi sole. Sono quasi a Portanova, quando risistemo Garmin al manubrio e mi rilasso un poco, alle mie spalle arriva velocissimo un ciclista. Fondriest verde, basso sul manubrio come sua abitudine, smanicato e senza casco. È Lorenzo, come me classe 1956, ex compagno di scuola, ex compagno di lavoro e finalmente collega di riposo lavorativo. Mi aveva già riconosciuto da lontano, ci affianchiamo, gli faccio subito presente che senza casco è un rischio e poi si chiacchiera, la velocità aumenta e continuiamo così fino a Casal Cermelli. Si pedala e si chiacchiera per troppo poco tempo purtroppo. Ci lasciamo al semaforo del viale, è stato un incontro piacevole, ognuno per la sua strada. SEMPREINSELLA!

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Fin che c’è salita, c’è speranza…..

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